Il palio

 

Descrivere il Palio di Siena non è affare di poco conto. Meglio viverlo. Immergersi nella realtà di una manifestazione che si ripete con i suoi riti da 500 anni. Sempre uguale eppure ogni volta diversa. L’organizzazione, la scansione del tempo, le modalità sono le stesse. Le regole, rigide, a cui ci si appella le medesime dei palii medievali che hanno visto correre gli antenati dei fantini, dei contradaioli e dei cavalli che oggi vi partecipano. Quello che cambia sono le facce, l’umanità passeggera, la vita, che è transitoria, i protagonisti dell’attimo: siano essi cavalli, fantini o pubblico che assiste. Se l’arte è un pezzo di eternità sottratto al trascorrere del tempo allora il Palio è arte. Lo è nel suo affidarsi ad uno schema consolidato di ripetizione di gesti, procedure e ruoli, e, nello stesso tempo, nel travolgere tutto questo con la sorpresa, l’inaspettato che la gara porta con sé. Questo abbiamo trovato e vissuto partecipando al Palio. L’umanità senese vi si aggrappa come noi ci entusiasmiamo davanti alle opere dei grandi artisti. Perché in esse viviamo l’illusione dell’immortalità. La corsa, la sua liturgia, ci sopravvive in eterno. Così i quadri, le statue ed i libri di cui ci circondiamo. Ma ad essi chiediamo anche di sorprenderci, di scuoterci dall’abitudine e dalla quiete. La festa racchiude in sé tutto questo. Tradizione secolare ed emozione che raggiungono il loro apice in tre giri di pista a cui si assiste, trattenendo il fiato.

Prima di ciò, cinque giorni. Nel primo le prove di addestramento, all’alba. Alle cinque del mattino si presentano sul tufo cavalli e proprietari. Ottanta, tra sauri, grigi e bai, che aspirano ad essere notati dai capitani delle contrade incaricati di scegliere i dieci barberi adatti alla carriera. Sono momenti magici, c’è poca gente e ci si può accomodare sugli spalti (poi è proibitivo per i costi). Le rondini riempiono il cielo di acrobazie ed i fantini fanno del loro meglio, anch’essi interessati a mettersi in mostra. I veterinari assistono e visitano i cavalli decidendo poi, in base ad un rigido disciplinare, quali possano essere ammessi alla tratta.  Quest’ultima si svolge il giorno successivo. Prima, al mattino, i cavalli rimasti, una trentina, si ripresentano al canapo ed effettuano ancora qualche giro di pista per essere osservati nel loro comportamento. E’ un momento importante quello della scelta dei dieci cavalli. Dalla loro capacità di stare appaiati, di non scalciare e di tracciare curve mozzafiato nel Campo dipende lo svolgersi della corsa. E’ in questa occasione che uno di essi, Peccatrice, scaricato il fantino a San Martino, inizia a correre scossa per ben tredici giri di piazza entusiasmando il pubblico ed accreditando con vigore l’origine del proprio appellativo. Al termine delle batterie i capitani si riuniscono ed iniziano le votazioni per decidere quali saranno i protagonisti. A seconda della qualità della decina prescelta sentiremo parlare di lotto alto, formato per la gran parte da cavalli forti e veloci, i cosiddetti bomboloni, o lotto basso, con prevalenza di cavalli giovani ed inesperti. In questa occasione, palio del 2 luglio 2013, vengono scelti solo tre-quattro cavalli esperti. Gli altri, giovani e poco conosciuti, sembrano far pensare ad una decisione prudente per evitare troppa competizione. La particolarità di questo Palio consiste nella presenza, poco probabile in altre annate, di ben nove contrade rivali tra loro! Ci si aspettano scintille.

Al pomeriggio di quello che è considerato a tutti gli effetti il primo giorno della manifestazione la piazza è gremita. Il sindaco, in un silenzio carico di tensione legge prima i nomi dei cavalli prescelti e poco dopo la contrada abbinata estratta a sorte. E’ qui che avvertiamo per la prima volta la voglia di vincere il cencio.  Mi spiego: la sera prima abbiamo scelto la contrada. Clara ha scelto la Lupa. Per intuito, per San Rocco, santo protettore, perché è la nonna, quella che non vince da più tempo. Ci siamo presentati in contrada e abbiamo chiesto di partecipare. Al momento dell’estrazione ci capita Indianos, un grigio con alle spalle già cinque palii, considerato tra i più forti ed affidabili. E’ lì, nell’esultanza dei contradaioli per l’abbinamento, che si inizia a coltivare quell’ardito desìo. Il passo successivo che spetta ai capitani è quello di assicurarsi la monta . C’è da decidere chi sarà il fantino. Si aspetta dopo l’estrazione perché la contrada che ha ricevuto in sorte un cavallo considerato forte cercherà un cavaliere esperto, che può regalare la vittoria, mentre la rivale, che ha ricevuto, supponiamo, un cavallo meno ambizioso, ed il cui obiettivo diventa ora impedire alla odiata di vincere, ingaggerà quello che è conosciuto come il killer, e cioè un fantino noto per la spregiudicatezza nell’ostacolare la corsa della contrada nemica. Nel palio in questione la Lupa si affida ad Andrea Mari, detto Brio, che, saputo dell’assegnazione del cavallo Indianos, si propone lui stesso al capitano (e forse per questo si attirerà l’odio degli istriciaioli). Andrea, fantino esperto, coltiva sogni di trionfo con la contrada che da più tempo non vince. L’Istrice a questo punto, considerato il binomio vincente che si è venuto a creare nei vicoli confinanti ed avuto in sorte Naikè, cavallo giovane di poche speranze, assolda Valter Pusceddu, detto Bighino, con l’ingrato compito di preoccuparsi solo che non sia la Lupa ad esultare.

I giochi sono fatti, inizia l’attesa e dal venerdì sera ci si ritrova in piazza per assistere alla prova. Due al giorno. Una la mattina e una la sera. Si parte dalla contrada e si accompagnano il cavallo ed il fantino fino in Campo intonando cori che inneggiano “..per forza e per amore lo dovete rispettar”. Le prove servono ad abituare i cavalli meno esperti a stare al canapo e a prendere confidenza con il tracciato. I favoriti si guardano bene dal rischiare e mantengono un profilo basso trattenendo il cavallo e badando a non farsi male. Gli altri li lanciano e provano in questo modo le due curve, San Martino e Casato, per testare traiettorie e velocità.

Partecipiamo alle cene che le sere prima del giorno fatidico si tengono nelle vie. E’ l’occasione per ascoltare dalla viva voce dei senesi che cosa significhi essere contradaioli. E ripenso a quella sensazione, confortante, che ho provato spesso. Quella di sentirmi parte di qualche cosa di grande. Il bisogno di appartenenza lo chiama Eric Berne. Il motivo per il quale ci associamo a questa o a quell’altra organizzazione, squadra o gruppo ricreativo. Per perdere i limiti dell’identità e recuperarla in un contesto allargato capace di infondere sicurezza, sostegno e conforto alla paura di essere irrimediabilmente soli. Scacciare quella che per gli esistenzialisti è la brutta sensazione di essere gettati nel mondo. Eccoli dunque tutti qui, giovani e vecchi, attorno ai tavoli a brigare di Palio. Canti, racconti, complotti, maledizioni e speranze. Il cavallo riposa vicino ed ascolta, ma non intende per fortuna ciò che ci si aspetta da lui. L’impossibile. Perché anche questo è Palio. Sofferenza. Follia. Così tante le variabili in gioco da risultare più probabile una delusione che una vittoria. Forse è per questo che alcuni se ne vanno, non giocano più ed improvvisamente si disamorano.

Veniamo a sapere che l’anno precedente, palio di agosto, grande scazzottata con quelli dell’Istrice. In campo, dopo la corsa, le due fazioni sono entrate in contatto e… Pare che la Lupa si sia difesa ed abbia dimostrato di non aver paura. Dal racconto, e dall’inno, si evince che sono considerati una contrada gentile, non particolarmente litigiosa. Per questo alcuni sostengono la necessità di tornare a farsi sentire, ad imporsi. E’ un invito a non tirarsi indietro qualora dovesse ripresentarsi l’occasione di alzar le mani.                        La cena della vigilia siamo un migliaio. La contrada è interclassista. Si mangia fianco a fianco: l’operaio e l’imprenditore, l’ambulante e il petroliere. Ad un certo punto il Priore prende parola e commuovendosi ricorda David Rossi, lupaiolo, che nella vicenda Monte Paschi è l’unico che ci ha perso la vita, gettandosi dal balcone. Manca a tutti. E poi canzoni, brindisi. Parla anche il fantino, ma non è molto ascoltato. Gli gridano “cencio”. Vale a dire: l’unica cosa che conta non son le promesse ma la conquista dell’ambito lenzuolo. Lo pagano per questo. Ognuno di loro si autotassa per racimolare il gruzzolo che serve a pagare il fantino e le altre contrade perché siano benevole. Combine. Ma nonostante questo nessuno di loro ha la certezza che quell’investimento vada a buon fine. C’è sempre l’Istrice, ed anche altre cullano sogni di vittoria. I soldi non bastano, ma aiutano. In realtà essi finanziano un sistema sociale, quello della contrada, che fornisce educazione, trasmissione di valori e sostegno.

Il giorno della corsa, al mattino, assisto alla messa del fantino. Poi la cosiddetta “provaccia”, ancora una volta tutti sul tufo. Lì si cercano gli ultimi accordi ed alleanze e nessuno vuole farsi male, per cui si va piano. Poi, al primo pomeriggio, benedizione del cavallo nella parrocchia della contrada e qui si sta fuori perché è un momento privato tra loro, Dio ed il quadrupede. Ed infine il corteo storico con la sfilata dei costumi e degli sbandieratori. Fino ad entrare in piazza. L’area all’interno del perimetro è a libero accesso fino a poco prima l’ingresso dei cavalli, ma è gremita all’inverosimile. Per i palchi chiedono duecento euro. Assistiamo alla carriera in uno dei vicoli che accedono al Campo. Pizza al taglio ha predisposto un video e così insieme a spagnoli, polacchi e senesi ci sistemiamo ed aspettiamo il giungere delle venti. Entrano i cavalli ed inizia la lunga operazione della mossa. Snervante, eterna, estremamente tattica. Il Nicchio, di rincorsa, non si decide ad entrare. E qui assistiamo all’accadere di uno di quei fattori incontrollabili che possono decidere l’esito della corsa e permettono al palio di mantenere la sua nomea ed il suo fascino. Nell’ordine di ingresso al canape, tra la Lupa e l’Istrice, c’è la Torre. Bene. Ma appena entrato, il fantino dell’Istrice cerca di scavalcare e portarsi a fianco del cavallo della Lupa. Il mossiere lo riprende più volte e lo invita a tornare al suo posto, ma quando si avvede che tutti i cavalli sono allineati ed il Nicchio salta dentro, che fa? Ritiene valida la partenza e dà inizio alla corsa fregandosene dell’ordine stabilito all’ingresso. Quello che succede dopo lo si può immaginare. L’Istrice inizia a tempestare il fantino ed il cavallo della Lupa di nerbate. Secche, ignoranti, ma ammesse dal regolamento fin dal Medioevo. Lo splendido Indianos riesce dopo poco a sfuggire a quella grandinata di colpi, ma è indietro. Al terzo ed ultimo giro l’Oca è davanti con Guess montato da Tittia. Brio cerca di entrare all’interno, al Casato, ma deve difendersi dal cavallo scosso della Pantera, Pestifero che, nonostante sia senza cavaliere, traccia traiettorie da campione. Si arriva sul fil di lana, Tittia con il nerbo ricaccia indietro Indianos all’ultimo, disperato, assalto e va a vincere. Brio, il nostro Brio, urta con la gamba un paletto della recinzione, cade a terra e trascina con sé il cavallo. Le immagini passano immediatamente al trionfo dell’Oca. Intanto nel vicolo assistiamo a vere e proprie scene di isteria collettiva. Dopo pochi secondi dal termine alcuni contradaioli della Torre scappano. La loro rivale ha vinto e ad essi non rimane che abbandonare precipitosamente la piazza. C’è concitazione, urla. Non si capisce se di gioia o di dolore. Improvvisamente, schiacciati alle pareti del budello, vediamo il nostro fantino portato fuori a braccia, di corsa, scappano. Per fortuna quando lo vediamo parla, dice di fare piano, che ha male. Usciamo e dico a Clara che è meglio toglierci il fazzoletto della Lupa. Alcuni turisti se ne vanno, spaventati dalle urla. Vediamo altre persone, non so di quale contrada, urlare il loro giubilo perché la rivale non ha vinto. Ma ognuno si guarda intorno perché ogni pretesto potrebbe essere buono per azzuffarsi. Tutti corrono, arrivano quelli dell’Oca, ubriachi di gioia. M’è venuto mal di testa. Clara teme che il cavallo, il nostro cavallo, si sia fatto male. Ci allontaniamo, siamo stanchi e abbiamo perso. Incontriamo il posto dove hanno portato Brio, è nel cortile della Civetta e aspetta l’ambulanza. Intorno un cordone di sicurezza. Sapremo poi che appena caduto è stato assalito da due dell’Istrice e preso a calci. Questo fatto sarà l’argomento principale del giorno dopo e motivo di grande indignazione da parte di tutta Siena, unita nel condannare un gesto così vigliacco. Sapremo anche, come era stato anticipato dai vecchi della Lupa, che si son menati. Dissero “se perdiamo loro vengono..” e così è stato. Con il simbolo della contrada in tasca e il morale sotto i piedi ripariamo in ostello. Alla televisione rivedo le immagini della gara e mi sembra di capire che il cavallo, nonostante la caduta rovinosa, non si sia fatto nulla.

Il giorno successivo siamo in centro per carpire un po’ di informazioni. Il fantino si è rotto il bacino, non si sa se per la caduta o per le botte. I giudizi su di lui sono lusinghieri così come per il fantino dell’Oca che ha vinto con merito. Il Palio non ha tradito le attese, la frase che si ripete è “è stato un Palio come una volta..”. Le nerbate dell’Istrice sono parte del gioco, quello che è accaduto con il fantino a terra no. Tutti invocano provvedimenti in tal senso. La Lupa ha perso, ma ha mantenuto l’onore così come recita il suo motto:  Et Urbis et Senae signum et decus (Di Roma lo stemma, di Siena l’onore). Dei cavalli non chiediamo, nessuno ne parla e non sappiamo come potrebbe essere intesa la domanda. Ci fidiamo del fatto che siano tutti usciti dal Campo sulle loro zampe. Ci rechiamo in contrada, vorremmo salutare e ringraziare per questi giorni. Ma è deserta. La delusione trapela dalle persiane socchiuse ed anche i muri trasudano sofferenza che merita solo rispetto e silenzio. Ci allontaniamo ancora scossi.

Questa la cronaca di ciò che successe a Siena nell’anno del Signore 2013 in occasione del Palio della Madonna di Provenzano.

Note:

  1. i vocaboli in corsivo sono quelli effettivamente utilizzati dai senesi nei giorni del palio.

     2.  per chi volesse guardarsi la carriera in HD    http://www.youtube.com/watch?v=XHY7wmdNgLs

            S.Z.

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