La Psicoterapia

La Psicoterapia è un viaggio, forse l’unico che valga veramente la pena di fare, nel profondo di se stessi. Alla scoperta di quei meccanismi che regolano la vita di ciascuno, le scelte che in essa si operano ed i motivi, per lo più nascosti, che la animano. La possibilità di raccontare la propria storia e ritrovarvi i fili che si sono spezzati o semplicemente aggrovigliati e prepararsi a dipanare, ordinare e ricucire ciò che si era malamente intrecciato.

Il significato etimologico della parola “Psicoterapia” è affascinante. Esso infatti significa letteralmente “cura dell’anima”. La psyché (ψυχή) era per i Greci l’anima, il soffio vitale presente nel corpo. Con la nascita della psicologia il termine psiche viene ad indicare le facoltà conoscitive, intellettive e razionali, la coscienza. La scoperta della Psicoanalisi aggiunge ed ingloba nel termine gli aspetti pulsionali, irrazionali, la dimensione più profonda denominata inconscio. Infine il termine psiche, nella sua accezione più ampia, include anche le questioni ed i concetti filosofico-religiosi a cui ci si riferisce quando si parla di anima.

Tutte queste parti sono oggetto di studio. La conoscenza relativa ai processi attraverso i quali si manifestano i vari aspetti della psiche umana è in continua evoluzione e la psicologia svolge un ruolo determinante nel proseguire questo cammino. In particolare la Psicoterapia rappresenta una pratica della Psicologia Clinica rivolta alla cura dei disturbi psichici che possono verificarsi nel soggetto in conseguenza di un conflitto o di un trauma. Il conflitto ed il trauma generano infatti una risposta di sopravvivenza che può determinare successivamente disadattamento sociale, sintomatologia fisica, depressione, ansia e nei casi più seri e gravi distacco dalla realtà, dissociazione e ritiro sociale. La Psicoterapia si avvale di strumenti quali il colloquio, l’analisi dei sogni, il confronto e la relazione con il terapeuta e infine le tecniche di desensibilizzazione e rielaborazione (EMDR). La finalità è di giungere ad un cambiamento consapevole dei processi psicologici sottesi al malessere e generatori di sofferenza.

Approfondimenti

L'Analisi Transazionale (A.T.), fondata da Eric Berne (1910-1970), e' definita dal suo stesso fondatore un sistema di psichiatria sociale e individuale. Oggi esso rappresenta un metodo di cura di vasta applicazione che non ha precedenti per la concretezza di struttura e per l’aspetto dinamico del trattamento.
Essenzialmente studiato per la terapia di gruppo e per la psichiatria sociale, quest’approccio è valido anche per l’analisi individuale. Come sistema di psicoterapia l'Analisi Transazionale viene utilizzata nel trattamento di disturbi psicologici di ogni tipo e ha trovato nel tempo applicazione sia nel campo dell’età evolutiva che nelle terapie di coppia e famigliari. Essa si svolge secondo alcune linee di analisi ed osservazione ben precise. Da un livello più legato alle caratteristiche strutturali della persona che chiede aiuto (Analisi Strutturale) si passa ad analizzare le modalità con le quali la stessa persona si relaziona con il mondo esterno (Analisi Transazionale). Per giungere al modo preferito di strutturare il proprio tempo (Analisi dei giochi) ed infine poter arrivare alla decisione che la persona ha preso rispetto al modo con cui vivrà su questa terra (Analisi del copione).
L’Analisi Strutturale rappresenta la fase iniziale del processo terapeutico. Essa consiste nell’individuazione degli Stati dell’Io che costituiscono la struttura della personalità di ciascuno di noi. Ad esempio, la persona può comportarsi in alcune occasioni come un Bambino, qualche volta da Adulto ed in altri momenti come un Genitore. Le modalità con cui questi tre Stati si presentano all’interno della psiche di ciascuno di noi determinano il nostro carattere, il modo con cui affrontiamo il mondo ed il relativo dialogo interno. Non solo. La scelta di presentarsi attraverso uno di questi tre Stati determina anche il risultato delle “transazioni” e cioè gli scambi che avvengono tra le persone.
L'Analisi Transazionale, da cui prende poi nome tutto il corpus teorico del modello terapeutico qui descritto, rappresenta il secondo momento di osservazione ed interpretazione di ciò che accade tra due o più individui. Essa si occupa infatti di analizzare la modalità con la quale due o più persone interagiscono. Le transazioni, o scambi, possono quindi essere complementari: tra gli stessi Stati dell'Io oppure tra Stati dell'Io complementari come quelli di Genitore e Bambino. Oppure incrociate ed in questo caso sono scambi che inducono un passaggio tra uno Stato dell'Io ed un altro ed il corrispondente risvolto emotivo. La sorpresa generata in questo caso deriva dal fatto che l'emittente si rivolge ad un preciso Stato dell'Io dell'altra persona ed invece la risposta che riceve proviene da uno Stato dell'Io inaspettato. Il terzo tipo di transazione si riferisce a scambi in cui ad un livello manifesto le due persone si rivolgono messaggi di un certo tipo, ma ad un livello più profondo, latente, questi scambi in realtà avvengono tra Stati dell'Io diversi da quelli immaginati. Queste transazioni si chiamano transazioni ulteriori e coinvolgono gli individui in una comunicazione che non è esplicita e diretta. Rappresentano il modo con cui le persone cercano di ottenere risultati diversi da quelli dichiarati, manipolano per soddisfare bisogni nascosti.
Questa breve descrizione di alcune modalità con cui le persone interagiscono tra loro ci permette di giungere all'Analisi dei Giochi. I Passatempi e i Giochi rappresentano per tutte le persone una modalità di strutturare il proprio tempo. Mentre i passatempi di tipo relazionale avvengono con la ripetizione di transazioni complementari e in definitiva senza particolari scosse emotive, i Giochi rappresentano invece modalità disfunzionali e ripetitive di interazione, basati su transazioni ulteriori, rivolti al conseguimento di un vantaggio o beneficio nascosto, la cui conclusione genera emozioni negative. Sono stati descritti in modo preciso nel libro di Berne "A che gioco giochiamo?" e tra questi vi sono: "E' tutta colpa tua!", "Perché non.. Sì, ma", "l'Alcolizzato", "Goffo pasticcione" e molti altri. Ognuno sceglie di giocare preferibilmente alcuni di questi e su di essi stabilisce il proprio copione di vita. L'ultima parte dell'Analisi, l'Analisi di Copione, riguarda infatti la comprensione delle decisioni di copione che l'individuo ha adottato precocemente e che continua a riproporre nel corso dell'esistenza. Queste ultime possono condurre a vivere copioni tragici, banali o vincenti.

"Sento troppo freddo. Sono così stanco nel mio abbandono. Vento, va a prendere mia Madre. Portamela di Notte nella casa che non ho conosciuto... Ridammi, immenso Silenzio, la mia nutrice e la mia culla e la canzone con cui mi addormentavo... 

Fernando Pessoa, Il libro dell'inquietudine.

Inizia con questo titolo dolce ed evocativo il percorso di approfondimento dell’Analisi Transazionale che attraverso successivi articoli tenterò di percorrere insieme a voi sulle orme di Eric Berne che così l’ha formulata.

Gli studi di Renè Spitz sugli orfani di guerra istituzionalizzati ci dicono che questi ultimi, privati di cure manuali per un certo periodo di tempo, in forza del loro numero e dell’esiguità del personale accudente, scivolano lentamente in una irreversibile depressione, uno stato di marasma, deperimento fisico e letargia. Da lui abbiamo imparato che la privazione sensoriale, tattile, emotiva può avere un esito fatale. Queste osservazioni portarono Berne a formulare il concetto di fame di stimolo e la consapevolezza che le forme di stimoli particolarmente ricercate siano quelle generate dall’intimità fisica. Oggi questa formulazione è riconosciuta e confermata da tutti gli studi che si occupano di infanzia e sviluppo sano del bambino, ma anche alla luce della nostra esperienza quotidiana non è difficile accettare questa conclusione. Una conferma di questa teoria la abbiamo attraverso i racconti delle persone che sono state sottoposte volontariamente o forzatamente ad uno stato di privazione sensoria. Quest’ultima può provocare, se prolungata, veri e propri fenomeni allucinatori, episodi di psicosi ed altri disturbi mentali temporanei.  Come spesso rappresentato in film famosi (Alcatraz, l’isola dell’ingiustizia), l’isolamento rappresenta da secoli la punizione più temuta dai detenuti e lo strumento utilizzato da chi governa per ottenere l’eliminazione del dissenso (confino). I soggetti a queste misure estreme presentano danni che non si limitano alla sfera psichica ma comportano un vero e proprio deterioramento organico. Oggi sappiamo con certezza che i neuroni abbisognano di sufficiente stimolazione per poter crescere e moltiplicare le proprie sinapsi, mantenerle attive e permettere così a tutto il potenziale biologico di esprimersi compiutamente.  A questo punto è possibile immaginare una catena che lega la privazione emotiva e sensoria alla apatia e quest’ultima alle modifiche degenerative fino alla morte nei casi più gravi. La fame di stimolo ha dunque con la sopravvivenza dell’individuo umano lo stesso rapporto della fame di cibo. L’Analisi Transazionale si occupa proprio di ciò che accade dopo che il bambino viene separato dalla madre nel corso normale della crescita. Berne a questo punto si esprime così per intenderci: “Senza carezze, non si cammina a petto in fuori”. Finita la luna di miele con il corpo della madre, l’individuo si trova di fronte ad un dilemma che riguarda la sua vita, la sopravvivenza e il suo destino. Un aspetto del dilemma riguarda le forze sociali, psicologiche e biologiche che contrastano la perpetuazione dell’intimità fisica di tipo infantile; l’altro aspetto è l’inestinguibile fame di stimolo che da quel momento ci accompagna e lo sforzo che si fa per riprodurla. L’individuo finisce quasi sempre con il ricorrere ad un compromesso. Si accontenta di stimolazioni superficiali, toccamenti rari e fugaci, forme simboliche come un cenno del capo o della mano per indicare un saluto. Anche queste possono servire allo scopo di saziare ma certo non soddisfano la fame di contatto fisico originaria. Il processo di compromesso implicherà dunque livelli diversi di sublimazione e adattamento. Ma comunque la si chiami per Berne questa rappresenta una fase essenziale dello sviluppo umano: la trasformazione seppur parziale di fame di stimolo infantile in fame di riconoscimento. Via via che l’individuo cresce la scelta dei mezzi per assicurarsi questo nutrimento diventa sempre più personale fino a determinare veri e propri pattern comportamentali. Queste differenziazioni sono ben rappresentate dalla varietà dei rapporti sociali che rispondono a questa esigenza primaria. “Per andare a testa alta e petto in fuori, il divo del cinema ha bisogno di centinaia di carezze alla settimana da parte di ammiratori anonimi, mentre alla salute fisica e mentale dello scienziato basta una carezza all’anno da parte di un venerato maestro” (Berne, 1964). La fame di stimolo e la fame di riconoscimento soddisfano la fame di carezze. Con “carezza” ci si riferisce di solito proprio al contatto fisico. Ma questo può essere interpretato da ognuno in modo diverso: per alcuni è un tocco delicato, un bacio affettuoso, per altri assume la forma del buffetto più o meno molesto o addirittura del pizzicotto doloroso. Tutto ciò ha un corrispondente nella conversazione, sappiamo infatti per esperienza che basta sentir parlare qualcuno per capire come tratterà i bambini. Per estensione, con la parola carezza, indichiamo allora da qui in avanti ogni atto che implichi il riconoscimento della presenza dell’altro. La carezza diventa unità fondamentale dell’azione sociale. Merce di scambio e uno scambio di carezze costituisce una transazione.

Ai fini della teoria dei giochi psicologici, intesi come modi di relazionarsi disfunzionali, è evidente a questo punto il principio secondo cui agli effetti biologici un rapporto sociale qualunque è sempre più vantaggioso della mancanza assoluta di rapporti. In particolare, all’ assenza di stimolazione (deprivazione sensoriale) il bambino preferisce di gran lunga una stimolazione negativa, dolorosa o semplicemente non gradevole. È possibile a questo punto immaginare come questa predisposizione biologica dell’organismo umano possa generare nel futuro, complice un accudimento non soddisfacente, l’instaurarsi di dinamiche relazionali problematiche se non fortemente disturbate, quelli che Berne definisce con un’espressione azzeccata giochi psicologici volti a raccogliere carezze negative.

Dott. Saulo Zanetta, Psicologo Psicoterapeuta Analista Transazionale

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